Ogni anno, nel periodo delle festività natalizie, la città di Caltagirone sembra trasformarsi come per magia, diventando la naturale scenografia del tema della Natività. Ne sono testimonianza le botteghe artigiane, le vetrine dei negozi "comuni" e gli ampi spazi appositamente allestiti nelle varie piazze, palazzi e chiese per ospitare rappresentazioni più o meno monumentali della nascita di Gesù. E' l'occasione per visitare una serie quasi infinita di presepi che sono realizzati con ogni tipo di materiale e in tutte le grandezze possibili, sistemati in ogni angolo della cittadina, in ogni vetrina, lungo la monumentale scalinata di Santa Maria del Monte e perfino nelle vetrine delle pasticcerie, in un tripudio di terracotta, legno, stoffa, marzapane, ovatta, pane ecc. ecc.
In quest'occasione, ritrovandosi a passeggiare lungo le vie animate della cittadina, essa stessa simile ad un gigantesco presepe vivente con le sue luci colorate e l'aria gioiosa che ne trasfigura ogni angolo, quello che colpisce già alla prima occhiata è l'atmosfera: un'atmosfera quasi fatata, fatta di suoni, di luci e di allegra animazione che contrasta, a volte vistosamente, con l'apatia e l'indifferenza che spesso regnano durante il periodo natalizio nelle grandi città, tutte prese dal rito dello shopping e da un vuoto che appare incolmabile al di là della semplice facciata; completamente diverso, invece, è l'aspetto di Caltagirone, giustamente famosa per l'altissimo livello qualitativo delle sue ceramiche, ma forse non abbastanza per la tradizione dei suoi magnifici presepi.
Infatti Caltagirone si può giustamente ritenere la capitale siciliana della ceramica d'arte, al punto da essere diventata con il passare degli anni sinonimo stesso della celebre forma artistica che eterna nel giallo del sole, nel verde dei prati e nel blu del cielo i colori base di tante splendide creazioni in terracotta; non per niente addirittura il suo nome (dall'arabo Qal' al Ghìràn, ovvero Rocca dei Vasi) è legato a questa stupenda forma d'arte figurativa, seconda in Italia probabilmente alla sola Faenza. La tradizione artistica calatina ha un passato illustre, già testimoniato nell'età neolitica e in quella greca, e quindi all'epoca della dominazione araba; tale tradizione, attorno al 1030, fu quindi stimolata dalla presenza di maestranze genovesi (lo stemma della città è ancora oggi quello con la croce di San Giorgio), mentre le varie dominazioni successive hanno poi avuto il merito di arricchire il patrimonio culturale e artistico della città.
Il violento terremoto del 1693 muta radicalmente la situazione radendo quasi al suolo tutta la zona centro orientale della Sicilia; da quel momento la città non si riprenderà più come prima nonostante lo sforzo dei suoi abitanti e il legittimo desiderio di riedificare tutti i monumenti, le chiese e i castelli della città e dei dintorni, aggiornandoli allo stile barocco allora imperante. Rimane però in vita la grande tradizione dei ceramisti che si perpetua di padre in figlio con tutti i segreti del mestiere e le relative beghe tra le varie "famiglie" di artisti. I "cannatari", come qui si chiamano i ceramisti, hanno infatti inventato esclusive forme e tecniche di produzione e di invetriamento a piombo e a stagno, nonché vernici particolari e colori specifici che sono quasi delle "firme" alle loro produzioni, di cui sono quindi gelosissimi.
Oggi, al turista che visita Caltagirone la città offre innanzi tutto i suoi colori e i suoi disegni, il suo stile e le sue prospettive: quella della scalinata di Santa Maria del Monte, il vero salotto della città, realizzata nel 1953 per unire la parte bassa a quella alta dove sorge la vecchia Chiesa Matrice, con i suoi 142 gradini decorati con piastrelle di maiolica variopinte di diverso disegno e colore; quelli dei vari pannelli ceramici, tra cui proprio quello in cima alla predetta scalinata e quello della Galleria Don Sturzo (il personaggio più illustre della città); quelli delle varie decorazioni di balaustre, portali e balconate, come quella della grande villa comunale affacciata sulla via Roma; quelli del vecchio teatrino da cui l'occhio spazia sul panorama circostante fino all'Etna; quelli del palco rotondo della musica all'interno della citata villa comunale; quelli squisitamente floreali della suggestiva facciata liberty di Palazzo Buonaccorsi Amico; e infine quelli delle tante botteghe artigiane nelle quali anche tanti giovani (formati presso il locale Istituto d'Arte della Ceramica) sono impegnati ogni giorno accanto ai maestri più anziani e più noti nella realizzazione di piccoli e grandi capolavori multicolori: piatti e vasi dalle forme più pittoresche, piastrelle e "cocci", acquasantiere e figurine (in particolare quelle per il presepe natalizio).
E per fortuna, nonostante i terremoti e le varie traversie storiche, l'antica arte del presepe si è radicata da queste parti da secoli; infatti i "Santari" e i "Pasturari" modellavano e coloravano le figure della Natività fin dal '500, come ci testimoniano documenti e cronache del periodo che parlano di una tradizione assai semplice.
I bambini erano soliti risparmiare per mesi ogni soldino possibile per poter avere una somma sufficiente a comprare le figurine con cui costruire i loro piccoli Presepi, e queste figurine venivano poste in vendita nelle fiere paesane già alcuni mesi prima del Natale. Le figurine in origine erano semplici come fattura e povere come materiali (creta o terracotta), anche se Caltagirone vantava una tradizione "artistica" della lavorazione dell'argilla, a tal punto da essere anche a quei tempi una delle località più rinomate dell'Italia.
Ma quella del Presepe fu inizialmente una manifestazione prettamente popolare, povera, in un certo senso di "quantità" e non solo di "qualità", che coinvolse tutta la popolazione locale e non solo poche famiglie e, di rimando, poche figure di ceramistiartisti. Solo a un certo punto i due binari della produzione, quello popolare e quello artistico, iniziarono a interessarsi vicendevolmente e così la produzione di pastori e Gesù Bambini si affinò pian piano a tal punto da raggiungere cospicui esiti artistici. E questo spiega adesso a distanza di alcuni secoli la grande importanza sociale che la produzione delle figurine di terracotta e di ceramica ha nel periodo natalizio a Caltagirone.
Dei primi manufatti, anche per quel terremoto del 1693, non ci sono pervenute né immagini né esemplari; ma è facile intuire che, come per la produzione di altri manufatti artistici, fu il '700 il secolo d'oro della produzione calatina, come d'altronde avvenne a Napoli, cui la Sicilia era legata non solo politicamente. Fu infatti proprio allora che, accanto alle figure prodotte in serie, con modelli a stampo acquistati dalle classi più umili, furono realizzati dagli artisti locali, su incarico di una committenza nobiliare e borghese, oltre che di chiese e conventi, i primi esempi di Presepe artistico. Non dimentichiamo che quello fu anche il secolo nel quale i vari Ordini Religiosi facevano a gara per mostrare la propria importanza e potenza, e agli strumenti "normali" (la costruzione di edifici sempre più grandi e ricchi di decorazioni) si andò aggiungendo anche quello del Presepe natalizio, divenuto insomma un'ulteriore occasione di "lustro".
Questa gara a chi produceva il Presepe più bello o più monumentale finì con il diffondersi anche tra le famiglie nobiliari, che invitavano amici e conoscenti nei loro palazzi, e perfino i passanti (come ricordano gli storici e i cronisti dell'epoca), per mostrare il "loro" Presepe; la gente insomma si era abituata a questa gara fra Presepi (e presepisti, fra i quali Antonio Branciforti, Giacomo Bongiovanni, Giuseppe Vaccaro, Antonio Margioglio) e a fare paragoni fra questo e quello e tutta la città, nel periodo di Natale, era pian piano divenuta una vetrina nella quale tutti rimanevano coinvolti almeno come spettatori.
Non può destare meraviglia se quella tradizione è oggi divenuta la base per le celebrazioni del Natale calatino, di certo da Napoli in giù il più solenne e sentito d'Italia. Accanto a Maria e Giuseppe, al bue e all'asinello, ai pastori e ai Magi in adorazione davanti al Bambinello, anche qui sono grandiose le figure degli umili e della gente comune, immortalata nei più tipici atteggiamenti e costumi. L'aderenza al mondo reale è stata anzi negli anni la caratteristica più grande dei Presepi calatini, con la consacrazione di visi e di mestieri che oggi fanno parte a pieno titolo della più classica delle iconografie: U spavintatu ru cassebiu, u ciarramidaru, u ricuttaru, u cacciaturi, u pasturi chi durmi, ecc. (colui che rimane esterrefatto davanti al presepe, lo zampognaro, il ricottaro, cioè il pastore che dal latte ricava la ricotta, il cacciatore, il pastore che dorme ecc.).
E' forse questa la ragione del grandioso successo che la produzione "alta" dei Presepi dei maestri di Caltagirone ha avuto fra i collezionisti di tutto il mondo, quasi ad assumere per chi ne possedeva uno la caratteristica del raggiungimento di uno status sociale (chi non ricorda a questo proposito il Mastro Don Gesualdo di Verga)
Questa attività è proseguita fino ai giorni nostri nelle cento e più botteghe artigiane della città e si è certamente adeguata ai mutamenti del tempo e dei costumi, ma i personaggi presenti nei Presepi degli artisti o degli umili e anonimi artigiani contemporanei finiscono coll'ereditare dal passato quelle caratteristiche psicologiche e antropiche perfettamente aderenti al contesto di una Sicilia che qui, come spesso anche altrove, appare senza tempo, anzi fuori dal tempo, per la gioia degli occhi e del cuore di grandi e bambini.
Condividi